lunedì 14 settembre 2020

Modron, Dea Madre e il Calderone

 

img. di Emily Balivet


Il Calderone della Morte e della Rinascita, o Calderone di Annwn (o Annwfn), appartiene a Modron (Grande Madre), signora della vita e della morte. In esso tornano le anime dei morti per essere riportate alla vita. È simbolo del ventre materno, del grembo della Terra e di quello dell'Universo. Esso accoglie il seme della vita così come, in merito alla Terra, tutto ciò che muore ma anche tutto ciò che vi  si rifugia, nel lungo inverno, in un letargo rinnovatore.  Il calderone di Annwn è citato nel poema "Priddeu Annwfn", del folclore gallese. Era bordato di perle, custodito da nove vergini e "non bolliva la carne dei codardi" nel senso che solo per i temerari c'era speranza di rinascita in un più elevato e luminoso livello di esistenza. Artù partirà con i suoi uomini alla sua ricerca ma periranno quasi tutti e torneranno solo in sette. E' la storia antesignana della "cerca del Graal" raccontata nelle leggende successive facenti parte della Materia di Britannia e di quella Bretone. 
Quindi il calderone di Annwn è il simbolo della Terra che accoglie, rigenera e rianima ciò che è morto. L’autunno è il momento dove il seme, anima dei cereali mietuti e dei frutti caduti, scende nella terra/calderone dove riposerà durante i mesi invernali e rinascerà in forma di pianta quando a primavera le energie ctonie e quelle solari lo rivitalizzeranno. Nelle Triadi Gallesi (XIV sec.) Modron è moglie di Re Urien del Reghed madre di Owain, mentre nei romanzi arturiani questo ruolo è coperto da Morgana. Modron è raramente citata nelle leggende e non ci sono narrazioni in merito alle sue azioni, poiché essa è in realtà l’archetipo ancestrale dell’aspetto Dea Madre, chiamata “Matrona” in continente, o anche “Deae Matronae” in una visione plurale della Dea, la quale, per i popoli antichi, è sempre triplice, e lo è anche in ogni suo aspetto e con ogni suo nome. Ecco perché le Morgane (ovvero Morgana e le sue sorelle) sono nove: questo numero indica la triplicità della Dea a sua volta triplicata in ognuno dei suoi tre aspetti, fino a raggiungere il numero dell’infinito. Sembra che il nome “morgen” indichi anche i corvi che volano sul mare o le fate acquatiche, poiché un’origine del nome può essere “Mòr–i-gena” cioè “nata dal mare”. Le “nove morgane” sono state citate da Goffredo de Monmouth nel suo “Insula Pomorum” come figlie del Re di Avallach, quindi governanti di Avalon. Il numero di nove sacerdotesse, sorelle, oppure streghe, guardiane del calderone, ecc…, si ripete spesso nei miti celtici e negli scritti di chi li ha raccontati, probabilmente a indicare una qualche tradizione reale che, nelle sue caratteristiche, resta però tutt’oggi sconosciuta. Riguardo ai corvi, sia ne “La Signora della Fonte” che nel “Sogno di Rhonabwy” (dai “Mabinogion”), Owain, diventato custode di altromondo dopo un lungo processo iniziatico, è rappresentato con un seguito di 300 corvi, ed è recante lo stendardo con i corvi di Modron. La Dea appare nei racconti celtici attraverso i numerosissimi e spesso magici personaggi femminili, che ricoprono i ruoli di guaritrice, di madre che cresce il figlio in luoghi segreti e nascosti, di donna bellissima che incanta il suo prescelto, di profetessa, d’iniziatrice, di colei che induce i cavalieri a cimentarsi per lei in prove pericolose, di giudice implacabile, di saggia, di vecchia brutta e orribile, di lavandaia del guado, di trasmutatrice, di custode dei segreti, di ribelle, di datrice di doni magici, di regina, di fata, di guerriera, esige libertà di scelta, accettazione e amorevole rispetto in qualsiasi forma essa si presenti, brutta o bella, radiosa o oscura (anche questa è una prova iniziatica) e spesso le sono associati animali come il corvo, il cervo, il cavallo, il cigno, la farfalla, lo storno, il cane e molti altri. Anche se, come ho già detto, la versione medioevale dei racconti celtici sembra indebolire la figura femminile rispetto a quella del nobile cavaliere senza macchia e senza paura, questi temi restano vivi e facilmente individuabili. Modron e Mabon sono citati nella storia di “Culhwch and Olwen”, dove Mabon, nascosto dalla madre in una fortezza, dovrà essere “liberato”, e la narrazione di Peredur, meglio noto come Perceval, è particolarmente rappresentativa della figura del Mabon e del suo viaggio iniziatico per diventare il Paredro.

La Grande Madre, Grande Dea, ha due volti principali, che rappresentano l'uno (la Dea Anu) la stagione della luce (da Maggio a Ottobre), l'altro (la Black Annis) la stagione del buio, delle lunghe notti (da Novembre ad Aprile). Anu, Ana, Anann, Annis (in sanscrito “l’indivisibile”) è l’irlandese Signora delle Messi, molto simile a Demetra. Non si conosce bene l’etimologia esatta del suo nome, ma potrebbe essere lo stesso che troviamo per alcune divinità mediterranee o orientali dal nome simile, come Anna Perenna, Annapurna, dove Anna significa “cibo”, o anche “cielo” (An) tra i Sumeri e in Britannia era conosciuta anche come colei che poteva gestire le condizioni atmosferiche. Molto probabilmente assunse in un secondo tempo il nome di Aine, Regina fatata del Sidhe, i luoghi sotterranei dove vivevano i Tuatha de Danann dopo che avevano dovuto lasciare la superficie del territorio agli esseri umani in seguito alla sconfitta subita nella battaglia di Mag Tured. Aine era associata a un’entità lunare magica protettrice dei raccolti alla quale, al solstizio d’estate venivano accesi fuochi propiziatori sulla Knock Aine (collina di Aine) e questa tradizione si è protratta fino a verso la fine del 1800. Sono molti i luoghi in terra irlandese a lei dedicati, come le Dà Chic n’Anann (i Seni di Anann). Sua sorella, ovvero il suo alter ego solare, è Gràinne (grano)/Griene (sole), la cui leggenda la vede fanciulla come promessa sposa di un re irlandese, Fionn Mac Chumaill, che però lei rifiuta giacché ormai anziano: la Dea non accetta un Paredero che non sia nel pieno del suo vigore. Costringe invece uno dei giovani guerrieri di Fionn, Diarmuid, a seguirla in una fuga: è lei quindi a scegliere il suo compagno, il suo Custode. Protetti dal dio dell’amore Aéngus, nel loro nascondiglio, Grainnè diventa la Madre, e avranno dei figli. Alla fine però egli morirà per colpa di Fionn che non aveva mai smesso di dare loro la caccia. Di fronte ad Aengus, egli finge di accettare il loro amore, ma lascia invece morire Diarmud ferito da un cinghiale durante una caccia cui Fionn lo aveva invitato. Evidentemente il Paredro è giunto al suo sacrificio finale, il ciclo vitale stagionale annuale è giunto a compimento e anche per la Dea è arrivato il suo momento del riposo, custodita dall’aspetto oscuro e anziano del Dio (Grainnè torna a casa con Fionn). Anu quindi può essere considerata espressione sia di Aine sia di Grainnè, quindi luminosa Dea solare e lunare, energia di prosperità, nutrimento e irraggiamento estivo, ma con aspetti oscuri associati alla fine dei raccolti e alle condizioni atmosferiche fredde, grigie e tempestose, quindi l’Annis Nera, molto probabilmente omologa alla Morrigan e, secondo alcuni, l’equivalente della vecchia Cailleach (la Velata), Regina dell’inverno. La mitologia non è che una grande metafora dell'alternarsi durante l'anno delle energie luminose, solari, calde, fruttifere a quelle opposte, fredde, parzialmente sterili, oscure, e tutto questo avviene in un intreccio continuo tra l'Anima femminile e quella maschile della Natura, del Mondo, dell'Universo. L'aspetto Dea Madre è quello più evidente, poichè tutta la manifestazione materiale è frutto del suo "parto", e tutto il ciclo delle stagioni è finalizzato al processo di nascita, vita, e rigenerazione ma quest'ultimo spesso passa attraverso la morte affinché possa verificarsi. La morte è anche il simbolo dei momenti di passaggio, poichè da lì in poi molte cose non saranno come prima. In Irlanda la morte è rappresentata da una figura che si trova scolpita in molti monumenti: la Sheela na Gig. È una figura femminile ma scarna e con seni piccoli e cadenti. Con le mani apre la sua grande vulva. Essa rappresenta il passaggio nel Grande Ventre Universale, da cui tutto viene e a cui tutto torna. 

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- Immagine: "Cerridwen's Cauldron" by Emily Balivet

Note Bibliografiche:
- "The Mabinogion" di Lady Charlotte Guest, Ed. Dodo Press
- "Priddeu Annwfn" nel Llyfr Taliesin o libro di Taliesin, attribuito al poeta e bardo Taliesin, dove molti poemi sono indirizzati a Re storici. 

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